
Ormai è storia vecchia eppure sono sempre numerosi i turisti che, ogni anno, vengono truffati da fantomatiche agenzie di viaggio o si ritrovano ad avere una vacanza completamente diversa da quella pro ...
Il detective della squadra omicidi di New orleans,Terence MCDonagh (Nicolas Cage), ha un ingombrante passato da eroe, dovuto al salvataggio dall’annegamento di un detenuto avvenuto nelle concitate ore che hanno seguito il devastante passaggio dell’uragano Katrina sulla Louisiana.
Il suo gesto gli regala una bella promozione, ma anche una lesione permanente alla schiena che lo rende in poco tempo dipendente dagli antidolorifici prima e dalla cocaina in seguito. Questa sua nefasta inclinazione alle dipendenze tanto per complicare le cose ne fa anche sessodipendente.
Così lo troviamo qualche tempo dopo alle prese con la sua lunga lista di vizi che ne hanno irrimediabilmente incrinato l’equilibrio mentale portandolo ad assumere comportamenti borderline, mentre cerca di incastrare un trafficante di droga reo di aver massacrato un’intera famiglia.
Cosa ha in comune questo anomalo remake con l’originale di Abel Ferrara? Praticamente nulla ad eccetto del titolo, una certa recitazione estremizzata del protagonista, Cage è dignitoso, ma Harvey Keitel era memorabile, e l’uso smodato di droghe e sesso che il protagonista utilizza per sopire un tormento interiore oltre che un disagio fisico, che nel caso del tenente di Ferrara affondava le radici nella religione, mentre nel film di Herzog il protagonista quella tematica non la sfiora neanche, impegnato com’è a combattere i propri demoni e a dare la caccia ai criminali.
Preparatevi ad un Nicolas Cage decisamente sopra le righe, lo stato perennemente alterato del suo personaggio lo costringe a qualche acrobazia espressiva che non sempre nelle sue corde, al suo fianco una sensuale Eva Mendes e un Val Kilmer ormai sul baratro del dimenticatoio, pronto come molti suoi illustri colleghi, a diventare un caratterista di lusso senza aver mai sfondato realmente.
Il resto è Herzog, un Herzog addomesticato, su questo non c’è dubbio, ma i suoi estremismi visivi rimangono e la sua New Orleans post-Katrina che omaggia le anime tormentate del noir e la natura selvaggia non può lasciare indifferenti.
Concludiamo con una curiosità, Ferrara ha disconosciuto Il cattivo tenente:Ultima chiamata New Orleans, non accusando il collega Herzog, bensì la produzione per aver realizzato il progetto senza averlo nemmeno interpellato, mentre Herzog inascoltato, voleva addirittura cambiare il titolo, ma il mercato regna sovrano e come la logica commerciale presuppone un remake ha già una bella fetta di pubblico assicurata.
L’agente dell’FBI Gracie Hart (Sandra Bullock) dopo aver portato a termine una pericolosa missione sotto copertura infiltrandosi nel famoso concorso di bellezza Miss America, si trova alle prese con una grande popolarità che ne lei, ne gli i suoi superiori riescono a gestire.
La Hart nonostante una certa avvenenza pecca notevolmente di femminilità e il suo mestiere non l’aiuta certo, così i suoi superiori rendendosi conto che suo malgrado la donna diventerà per i mass media, l’immagine pubblica di tutta l’FBI, la mette nelle mani di uno staff di specialisti in immagine pronti a rendere il suo look e i suoi modi meno ruvidi.
Nel frattempo una sua recente amica, la vincitrice del concorso di Miss America viene rapita, l’agente Hart parte alla volta di Las Vegas per occuparsi del caso, accompagnata dal suo angelo custode, l’irascibile agente Fuller (Regina king), pronta a scontrarsi con le autorità locali per nulla contente dell’invasione di campo.
Miss FBI-infilrata speciale arriva a quasi cinque anni di distanza dall’ottimo Miss Detective sempre con la Bullock, la regia passa da Donald Petrie ad un altro esperto del genere John Pasquin (Santa Clause, Da giungla a giungla).
Sicuramente, come nella quasi totalità dei sequel, escludendo naturalmente i grandi classici, lo script si alleggerisce notevolmente e la storia perde di smalto, ma la pellicola rimane comunque una gradevole comedy che miscela investigazione ed action con una certa dovizia, naturalmente prediligendo il lato funny dello script.
Sandra Bullock si impegna e convince, la preferiamo sicuramente in versione brillante che romance, il cast di comprimari si da un gran da fare per caratterizzare al meglio una serie di personaggi molto accattivanti e squisitamente sopra le righe.
Miss FBI-infiltrata speciale, nonostante qualche fisiologico difetto, rimane un ottima comedy per una serata all’insegna del divertimento con intriganti location, gag riuscite, e attori volenterosi. Da segnalare un cameo del mitico capitano dell’Enterprise James T. Kirk/William Shatner ormai diventato una vera e proria icona per Hollywood e non solo.

Gianni Amelio, intervistato da Alessandra Comazzi de La Stampa, parla del Torino Film Festival, in programma dal 13 al 21 novembre nel capoluogo piemontese. Il regista, all’esordio come organizzatore della manifestazione cinematografica torinese, assicura che cercherà novità e sperimentazione (aspetti che, secondo lui, sono tralasciati dagli altri Festival):
Non avendo il tappeto rosso, ci possiamo permettere il piacere della scoperta. Di mostrare quello che gli altri non hanno il coraggio di mostrare. Intanto 16 film in concorso, più due sezioni fuori concorso, Festa mobile e Onde: qui troveranno spazio le cose più spericolate, sperimentali, i corti più corti, tante occasioni per i giovani che hanno le idee ma non i mezzi.
Secondo Amelio la difficoltà del Festival di Torino sta nella collocazione temporale dell’evento:
Il festival di Torino è cronologicamente l’ultimo dell’annata. E precede le uscite dei grandi film natalizi. Siamo incastrati. Bisogna lavorare molto per avere comunque delle primizie, sempre di qualità. Dove per primizie si intendono se non anteprime mondiali, almeno internazionali (come nel caso di Nowhere Boy).
Gianni Amelio, che dirigerà sicuramente per due anni il Festival (“Ma spero di più. Il festival ha una forte identità, che si può sempre arricchire”), dal 4 dicembre comincerà a girare il suo film Camus.

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Oggi vi segnaliamo per la rubrica I bruttissimi, l’action del 1993 Caccia mortale con il roccioso Dolph Lundgren che dopo l’Ivan Drago di Rocky 4, tenta invano di intraprendere una carriera da eroe action, ma finisce solo nel limbo dei vorrei ma non posso, sfornando qualche simpatica pellicola come Resa dei conti a Little Tokio, mediocri trasposizioni come Il Vendicatore e I dominatori dell’universo, e tutta una serie di filmetti direct-to-video non proprio memorabili.
In questo caso parliamo di un action che è transitato nelle sale americane con scarso successo, Lundgren veste i panni di una abile e prezzolato ladro di vetture di lusso che imbrocca il lavoro sbagliato e finisce in carcere. Tutto qui? certo che no, Ludgren evade prende in ostaggio una bella poliziotta, la seduce e la trasforma in una preziosa alleata, il tutto tra inseguimenti nel deserto, sparatorie e scintillanti fuoriserie sportive.
Trame scialba, Lundgren se possibile è ancor meno espressivo del collega Schwarzenegger con cui condivide volitivo mascellone e zero espressività, ma Schwarzy fa conto su un’imponenza scenica decisamente superiore al suo collega,, quindi Caccia mortale si rivela un action ben poco memorabile e con alcune ingenuità davvero imperdonabili.
Parliamo delle automobili presenti nella pellicola, che teoricamente andavano distrutte in pericolosi inseguimenti mozzafiato, e che fa la produzione? non potendo devastare macchine per milioni di dollari, utilizza delle finte fuoriserie che visivamente sfiorano il ridicolo e che si frantumano davanti alla macchina da presa senza un minimo di realismo.
Caccia mortale pecca proprio nell’unica parte che poteva avere un po d’appeal, quindi meglio evitare, e ripescare magari un Lundgren d’annata con titoli decisamente più interessanti, come ad esempio l’action/sci-fi Arma non convenzionale e il direct-to-video Blackjack diretto dal grande John Woo.
![main [] main []](http://www.ilcinemaniaco.com/wp-content/uploads/2009/11/main-.jpg)
Interno notte, un telefono squilla in una casa, una graziosa ragazza risponde, qualcuno sembra aver sbagliato numero.
Il telefono suona ancora, Casey stavolta taglia corto e riaggancia subito…qualche secondo e ancora il telefono…il tizio sembra voler attaccare bottone e Casey inizia a flirtare.
sconosciuto: di un pò ce l’hai un ragazzo?
Casey: perchè vuoi chiedermi di uscire con te?
sconosciuto: forse..ce l’hai il ragazzo?
Casey: no
sconosciuto: non mi hai ancora detto il tuo nome…
Casey; ma perchè vuoi saperlo?
sconosciuto: perchè voglio sapere chi sto guardando…
CASEY SI AMMUTOLISCE…
Casey: che cosa hai detto?
sconosciuto: voglio sapere con chi sto parlando…
Casey: prima non hai detto così…
sconosciuto: ah si? e che cosa ho detto…COSA?
Casey a disagio controlla l’esterno accendendo le luci, tutto sembra tranquillo, serra la porta e riaggancia.
Il telefono suona ancora…stavolta casey riponde urlando.
Casey: stammi a sentire stronzo!!
sconosciuto: stammi a sentire tu troietta, se riattacchi un altra volta ti sbudello come un branzino, hai capito?
Casey (spaventata): ma che cos’è uno scherzo?
Sconosciuto: più che altro un gioco, te la senti…biondina?
In lacrime Casey serra di corsa gli altri ingressi..il campanello della porta suona improvvisamente facendola sussultare…
Casey (in lacrime): chi è?
sconosciuto: non devi mai chiedere chi è! non li guardi mai i film dell’orrore…è come chiedere di morire! tanto vale uscire ed andare a vedere che cosa è lo strano rumore qui fuori!
Casey (con la voce rotta dal pianto): senti ti sei divertito abbastanza, adesso è meglio che te ne vai altrimenti…
sconosciuto: altrimenti…cosa?
Casey (urlando): lo dico al mio ragazzo che sarà qui fra poco e si incazzerà molto quando glielo diro!
sconociuto: che paura…non è che per caso si chiama…STEVE?
Casey (singhiozzando): come fai a sapere il suo nome?
sconosciuto: accendi le luci del patio….


![la-locandina-di-amore-14-133257 [] la-locandina-di-amore-14-133257 []](http://www.ilcinemaniaco.com/wp-content/uploads/2009/10/la-locandina-di-amore-14-133257-.jpg)
Carolina (Veronica Olivier), per gli amici Caro, graziosa tredicenne vive il suo ultimo anno di scuola media barcamenandosi tra un’adolescenza fatta di alti e bassi ed un tran tran familiare tra genitori, canonici microconflitti con la dispotica sorella maggiore, ed una venerazione per il bel fratello Giovanni detto Rusty James (Raniero Monaco di Lapio), studente in medicina con velleità da scrittore ed un romanzo nel cassetto
Caro passa le giornate fantasticando su un incontro avuto con Massi (Giuseppe Maggio) un vero principe azzuro incontrato, conosciuto e immediatemente perso insieme al suo numero di cellulare, Il desiderio di rincontrarlo scandisce giorni, notti, e pomeriggi passati con le amiche tra pettegolezzi e shopping, mentre in casa il fratello Giovanni incrinerà la quiete familiare ribellandosi al volere paterno, abbandonando gli studi per inseguire il suo sogno.
Gli adolescenti di Moccia continuano il loro percorso di plastificazione ed idealizzazione, con Amore 14 il regista e scrittore traspone ancora una volta su schermo un suo romanzo e la sua visione patinata dell’odierna gioventù, perdendo per strada alcuni sanguigni difetti dei suoi primi personaggi per concepire un mondo che sembra uscito dalle pagine di una rivista per teenager, vedi Cioè.
Un mondo troppo artefatto e pop che addomestica la realtà filtrandone lo spessore in una versione edulcorata da fotoromanzo rosa, Moccia anche in questo caso esagera nella semplificazione di un età davvero complessa e all’insegna el dubbio e degli errori, per farne una sorta di fumettoso spaghetti-manga popolato da leziose figurine.
Il principe azzurro ha le fattezze di Scamarcio e la vis da bad boy, gli adolescenti di Moccia sembrano usciti da Il tempo delle mele, niente di male in tutto ciò, l’importante e non cercare di spacciare per realistico e attinente al quotidiano un mondo idealizzato all’estremo con tutti i tipici e furbi ammiccamenti della comedy romance per teenager.
Noi però siamo pazienti ed attendiamo che il mondo adolescenziale made in Italy trovi una sua adeguata ed equlibrata rappresentazione sul grande schermo, rappresentazione che riesca finalmente a bilanciare il ritratto da prole di Satana di Albakiara a quello ultrapatinato e glamour di questo Amore 14,

La Universal sta pensando di produrre il sequel di Mamma mia!: dopo gli oltre seicento milioni incassati nel 2008 (contro i soli 52 spesi) dal film tratto dal musical, la casa di produzione statunitense sta cercando un modo per creare un seguito. La conferma arriva da Amanda Seyfried, una delle interpreti principali del film.
Il problema per lanciare definitivamente il progetto non è solamente quello di trovare una storia valida, ma di creare una colonna sonora altrettanto convincente: gli ABBA, per ora non hanno minimamente intenzione di partecipare alla nuova avventura.
Amanda Seyfried, poi, ha posto il veto: o le canzoni utilizzate saranno degli ABBA o lei non reciterà nel sequel. Riuscirà la Universal a trovare un accordo con Benny Andersoon e Bjorn Ulvaeus o cercheranno perlomeno di strappare agli ABBA il permesso di prende le altre loro canzoni ancora non usate?


Porter (Mel Gibson) e Val (Gregg Henry) sono in procinto di fregare una gang di Chinatown, un prezioso carico di contanti sarà il bersaglio di una rapina, un bel malloppo, almeno a sentire Val che ha urgente bisogno di soldi per risolvere alcuni affari in sospeso con un boss.
Dopo che il colpo è andato a buon fine Val, Porter e Lynn, la moglie eroinomane di quest’ultimo, si inconatrano in un garage per spartirsi il bottino, purtroppo la somma raccimolata con il colpo è di molto inferiore alle aspettative, e Val uccide il complice con l’aiuto di Lynn.
I due non si assicurano che Porter sia morto, così l’uomo ferito riesce a raggiungere un luogo sicuro, viene curato da un sedicente medico della mala, e dopo alcuni mesi torna sulla piazza, pronto a vendicarsi del torto subito e a recuperare il contante, e la cosa non sarà affatto indolore.
Mel Gibson finalmente si cimenta in un’inedita versione noir, con un villain cinico e determinato, un vero bastardo in celluloide, che comunque nonostante le discutibili gesta e i cadaveri che semina lungo la pellicola, non può non guadagnarsi l’approvazione e la simpatia dello spettatore.
Gibson decide di sfoderare il suo lato oscuro contaminandolo però con una massiccia dose di ironia e con suggestioni da anti-eroe vendicatore che alla fine ammiccano allo spettatore, non togliendoli l’icona politically correst con cui il bell’australiano si è costruito un’immagine in quel di Hollywood.
Payback-La vendetta di Carter è basato sul libro The Hunter/Anonime carogne di Donald E. Westlake da qui John Boorman nel 1967 adattò il thriller Senza un attimo di tregua.
Ottimi gli attori che contornano il cupissimo, autoironico e credibile Gibson, dalla brava Maria Bello, al sempre credibile Gregg Henry, un villain per tutte le stagioni, senza dimenticare il veterano Kris Kristofferson e una sensualissima e spassosa Lucy Liu in versione fetish.
Payback-la rivincita di Porter è cupo e violento quel tanto che basta per mostrarci un Gibson in parte, una messinscena ben orchestrata dal regista Brian Helgeland ( Pelham 123-ostaggi in metropolitana) e un’atmosfera che sconfina nel pulp con una certa ironia e senza strafare.
Se volete vedere la peggior CGI mai realizzata, una trama che saccheggia malamente e senza vergogna Jurassic Park ridando vita ad una specie estinta di tigri dai denti a sciabola, in Primal Park (conosciuto anche come Wild 2-la caccia è aperta), orripilante direct-to-.video del 2005, troverete pane per i vostri denti.
Su un’isola delle Fiji un miliardario ha allestito una sorta di zoo/laboratorio dove ha clonato nientemeno che delle feroci, e sino a quel momento estinte, tigri dai denti a sciabola. Bei soldoni in vista, se non fosse che durante una presentazione a cui partecipano un gruppo di potenziali finanziatori un guardiano non ne liberi accidentalmente alcune con conseguente massacro degli inermi visitatori.
All’origine un dignitoso tv-movie americano,Wild-attacco sulle montagne, poi questo risibile sequel che vorrebbe sfruttare il successo dei dinosauri clonati di Spielberg e invece di volare basso visto il bassissimo budget, utilizza a mani basse qualche effettacio splatter e delle ridicole tigrie in CGI che sembrano dei pessimi cartoon.
La trama è naturalmente superflua, stendiamo un velo pietoso su recitazione e palese plagio, il resto è un’imbarazzante sequela di urla, gesti inconsulti, ruggiti e masticazione libera di turisti che andrebbe evitata con estrema cura da chiunque non voglia buttare i soldi del noleggio e rovinarsi una serata.
In alternativa: Jurassic Park la trilogia, Lake Placid, Tremors.

Il 18 ottobre arriverà nei cinema francesi The Descent Part 2, il film diretto dall’esordiente Jon Harris, interpretato da Shauna Macdonall.
Dopo il salto potete vedere il primo trailer dell’horror che vede protagonista Sarah, unica sopravvissuta della strage che avevano fatto le terribili creature che abitano sotto terra, che tornerà in quei luoghi per scoprire cosa è successo.

![fantastic_four_ver3 []](http://www.ilcinemaniaco.com/wp-content/uploads/2009/09/fantastic_four_ver3-.jpg)
Il magnate e scienziato Victor Von Doom (Julian McMahon) e in procinto di varare un’importante missione scientifica nello spazio, ma per questa impresa gli serve l’aiuto dello scienziato Reed Richards (Ioan Gruffud), l’unico in grado di studiare e sfruttare l’energia di una nube cosmica in procinto di transitare nei pressi della Terra.
Così Richards, anche lui in cerca di finanziamenti per la sua ricerca e in perenne difficoltà nello sbarcare il lunario si unisce ad una sua vecchia fiamma, la dottoressa Sue Storm (Jessica Alba), il fratello di quest’ultima Johnny (Chris Evans) e ad un suo amico di vecchia data nonchè veterano di misssioni spaziali, Ben Grimm (Michael Chiklis).
I quattro più Von Doom si trasferiscono su una stazione spaziale orbitante in attesa che la tempesta cosmica passi su di loro e si possano raccogliere preziosi dati scientifici, ma qualcosa va storto, la nube investe senza alcun preavviso la stazione spaziale prima che il gruppo possa proteggersi, e tutti e cinque gli scienziati sono investiti dalle radiazioni, radiazioni che ne contamineranno e muteranno il DNA.
Tornati sulla Terra Reed, Sue, Johnny e Ben scopriranno di aver acquisito dei superpoteri che metteranno al servizio del prossimo, mentre Von Doom in bancarotta abbraccerà il lato oscuro diventando la loro nemesi, e cercando di conquistare il potere utilizzando le sue nuove facoltà come arma di distruzione.
Notevole la confezione di questo cinefumetto, gli occhi ne saranno pienamente soddisfatti, il regista tim Story (New york Taxi) sorprende tutti e maneggia con dovizia un budget sostanzioso ed un corposo carico di effetti speciali, non tradendo il fumetto originale, lo stesso Stan lee approverà il lavoro fatto recitando in un cameo, e confezionando un comic in motion ricco di trovate e con un ironia che ne smorza l’epica supereroistica un pò datata.
Il cast è adeguato, l’utillizzo del carismatico Michael Chiklis, anti-eroe del poliziesco televisivo The Shield, nel ruolo de La Cosa, alter ego roccioso dell’Incredibile Hulk, risulta una scelta decisamente azzeccata, come dignitosa, anche se non memorabile, la prformance di Julian MacMahon già demone nel serial Streghe e e vanesio chirurgo plastico in Nip/Tuck.
I Fantastici Quattro è un buon cinefumetto, una spanna sotto le performance plurime dei cugini Spiderman e Batman, ma questo dipende dall’appeal dei persoanggi e dai registi coinvolti nei rispettivi progetti, comunque qui c’è da divertirsi e questo vale proprio per tutti, dal fumettaro incallito, alla famiglia in cerca di un film per la domenica pomeriggio.

![taylor-lautner [] taylor-lautner []](http://www.ilcinemaniaco.com/wp-content/uploads/2009/11/taylor-lautner-.jpg)
Dopo qualche rumors che lo vedeva sostituito per il ruolo del licantropo Jacob Black nientemeno che dal Power Ranger Michael Copon, Lautner si è lanciato in un corso intensivo in palestra che gli ha permesso di tirar su un gran fisico e riacciuffare l’occasione per mostrare il suo talento nel sequel New Moon, con una parte decisamente più corposa del precedente Twilight.
Taylor Daniel Lautner nasce a Grand Rapids in Michigan l’11 febbraio del 1992, l’attore, che tra i suoi discendenti vede anche la tribù di nativi americani Potawatomi, ha un fulgido passato da atleta, tre volte medaglia d’oro di karate, arte marziale che Lautner studia dall’età di sei anni e che a soli tredici lo ha visto in vetta alle classifiche juniores.
Dopo che a sette anni non supera un provino per uno spot di una famosa catena di fast food, i genitori intuite comunque le potenzialità del figlio si trasferiranno a Los Angeles dove Taylor esordirà nel 2001 nell’action Shadow Fury al fianco di Noriyuki Pat Morita, il maestro Miyagi di Karate Kid, cui farà seguito nel 2004 un ruolo nel serial Summerland.
Seguiranno altre partecipazioni televisive, tra queste un episodio nella sit-com Tutto in famiglia con Damon Wayans, poi alcuni ruoli come doppiatore di cartoon e l’incontro nel 2005 con il regista Robert Rodriguez che lo vuole nel ruolo di Sharkboy nel suo film per ragazzi Le avventure di Sharkboy e Lavagirl in 3D, in cui l’attore interpreta anche il brano della colonna sonora Dream, Dream, Dream.
Dopo un altro periodo di lavoro come doppiatore per serie tv d’animazione, la svolta nel 2007 con il ruolo di Jacob Black, il nativo americano della tribù di licantropi nel film Twilight, l’anno dopo l’attore compare nel videoclip musicale Caught up in you della cantante e attrice australiana Cassi Thomson.
![taylor-lautner []](http://www.ilcinemaniaco.com/wp-content/uploads/2009/11/taylor-lautner--150x150.jpg)








Una spedizione in Antartide vede la guida Jerry Shephard (Paul Walker) scortare il dr.Davis McClaren (Bruce Greenwood) nei pressi del punto d’impatto di un meteorite, purtroppo la zona in quesatione è nel bel mezzo del nulla, tra ghiaccio e neve, e Shepherd coadiuvato dalla sua muta di cani da slitta tenterà l’impossibile per portare a termine la missione, ma le avverse condizioni climatiche ne bloccheranno inesorabilmente l’avanzata.
Costretto suo malgrado ad abbandonare i suoi cani per poter tornare sano e salvo al campo base, Shephard conta di recuperarli in breve tempo, ma la situazione si complicherà ulteriormente e i tempi si dilateranno, lasciando di cani in balia delle intemperie e dei predatori.
Shephard comunque non abbandonerà i suoi amici a quattro zampe, e tornerà a recuperarli accompagnato da un reporter del National Geographic con la speranza che la muta riesca a sopravvivere sino al suo arrivo.
Frank Marshall prolifico produttore qui si cimenta alla sua terza regia con una fiaba eco-animalista, dopo aver debuttato nel 1990 con i letali ed esotici ragni di Aracnofobia e diretto il discreto Congo, avventura fantastica a base di gorilla e città perdute tratta da un romanzo di Michael Crichton.
Stavolta produce la Disney e il regista si cimenta con il remake di un classico, il giapponese Antartica, lo script ha l’appeal della storia vera, la location è suggestiva, gli attori al servizio del copione, e cani ed addestratori i veri protagonisti della pellicola.
Nonostante il marchio Disney qualche scena troppo carica di pathos potrebbe risultare poco digeribile ai più piccini, vedi scena dell’attacco delle foche leopardo, notevole sequenza coadiuvata dall’animatronica del mago degli effetti speciali Stan Winston,
8 amici da salvare ha il fascino dell’avventura di confine, il marchio disney garantisce appeal e confezione sopra la media, Paul Walker anche stavolta lavora nel suo range e dimostra come conosca appieno i suoi limiti scegliendo copioni in cui la sua fisicità e il suo talento vengano sfruttati appieno. Da vedere.


Il 4 dicembre sarà distribuito nelle sale americane Up in the air, il nuovo film con George Clooney, Vera Farmiga, Anna Kendrick e Jason Bateman.
Dopo il salto potete vedere il trailer internazionale del film diretto da Jason Reitman, tratto dal romanzo di Walter Kim, che racconta la storia di Ryan Bingham, un uomo d’affari che gira per gli States e accumula miglia aeree per la sua tessera.
Due ragazzi in una sorta di fumettoso percorso obbligato finiranno per incontrarsi grazie ad uno strano cavo, Double cable, questo è il titolo del cortometraggio prodotto da Sky Cinema.
Diretto da Simone Colombo, questo gradevole romance in pillole, che ricorda le atmosfere fumettose dei lavori di Maurizio Nichetti, grazie ad una colonna sonora veramente azzeccata e ad un look molto colorato, particolarmente efficaci gli abiti scelti per i due protagonisti, riesce a divertire ed intrattenere mettendo in campo un simpatico gioco di specchi.
Unico neo l’uso dello split-screen, in questo caso obbligato, che in alcuni momenti aiuta notevolmente la narrazione proponendo in contemporanea le varie soste e gli incontri dei due protagonisti, in altre pecca di sincronia rendendo un pò confusa la visione, ma questo non inficia il risultato finale che risulta comunque estremamente godibile.

Venerdì uscirà nelle nostre sale, con il nome di Segreti di famiglia, Tetro, il film di Francis Ford Coppola, con Vincent Gallo, Maribel Verdù, Klaus Maria Brandauer e Carmen Maura, presentato al Festival di Cannes 2009.
Dopo il salto potete vedere il trailer italiano che racconta la storia di una famiglia italiana di artisti emigrata in Argentina.
Arriva un altro successo internazionale per i cortometraggi italiani: dopo la vittoria conseguita da Gabriele Salvatores al Festival di Chicago, con Stella, oggi è stata la volta di Paolo Sorrentino, che è stato insignito del Film of the festival al Raindance di Londra, per il corto La partita lenta.
I giudici di uno di una delle più importanti rassegna di cinema indipendente del Regno Unito hanno deciso di premiare il lavoro di Sorrentino:
per il coraggio, il talento e una tangibile tensione creativa.
Vi ricordo che La partita lenta, di cui vi aveva già parlato e mostrato le immagini mesi fa Pietro Ferraro, racconta la vita attraverso la metafora del rugby.
![Kevin_spacey_usual_suspects [] Kevin_spacey_usual_suspects []](http://www.ilcinemaniaco.com/wp-content/uploads/2009/09/Kevin_spacey_usual_suspects-.jpg)
L’agente David Kujan (Chazz Palminteri) sta interrogando il piccolo truffatore Verbal Kint (Kevin Spacey), l’uomo sta per raccontargli la leggenda del famigerato Keyser Soze.
Verbal: Pare che sia turco, c’è chi dice che il padre sia tedesco, nessuno crede che esista davvero,nessuno l’ha mai conosciuto…a sentire Kobayashi chiunque avrebbe potuto lavorare per Soze, non lo sapevano, era questo il suo potere…la beffa più grande che il diavolo abbia mai fatto è stato convincere il mondo che lui non esiste.
…una delle storie che mi hanno raccontato i ragazzi è di quando Soze stava in Ungheria, c’era un gruppo di ungheresi che volevano formare una banda…arrivano a casa sua di pomeriggio vogliono fregargli la roba, trovano la moglie in casa e decidono di aspettare Soze.
…lui arriva a casa sua e trova la moglie violentata e i figli che urlano..Soze guarda fisso negli occhi i suoi assalitori…(Soze spara ai suoi familiari)…gli dice che preferisce vedere la sua famiglia morta piuttosto che vivere un altro giorno, lascia libero l’ultimo ungherese, aspetta che la moglie e i figli siano sottoterra e poi va a cercare il resto della banda, uccide i loro figli, uccide le loro mogli, uccide i loro genitori e i loro amici, brucia le case in cui vivono e i negozi in cui lavorano, uccide persino le persone che gli devono dei soldi e come niente sparisce, un clandestino, nessuno l’ha più visto da allora, diventa un mito, una storia del terrore che i criminali raccontano ai figli…se non obbedisci a papà Kayser Soze ti porta via! ma nessuno ci crede veramente…
Kujan: e tu invece ci credi Verbal?
Verbal: Keaton diceva sempre: Io non credo in Dio però ho paura di lui, beh io credo in Dio, e l’unica cosa di cui ho paura…è Kaiser Soze.


A Venezia 66 verrà proiettato fuori concorso Valhalla Rising, il film diretto dal danese Nicolas Winding Refn, che narra la storia di un guerriero muto con una forza sovrumana in fuga dai cacciatori di teste vichinghi insieme al suo amico Are.
Dopo il salto potete vedere il trailer del film, molto violento e realistico.
