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Friday, September 11, 2009

Bad Company-Protocollo Praga, recensione



bad_company_ver4 []L’agente della CIA Kevin Pope è impegnato in una delicatissima e pericolosa missione sotto copertura in quel di Praga, con un alias che lo trasforma in un raffinato mercante d’arte/intermediario cerca di impedire che un ordigno nucleare cada nelle mani di una pericolosa organizzazione criminale, ma qualcosa va storto e l’agente perde la vita.

La missione rimane comunque in piedi, nove giorni per trovare un sostituto che possa portare a termine la trattativa, la fortuna vuole che Pope abbia un gemello, Jake Hayes (Chris Rock), quest’ultimo ignaro dell’esistenza del fratello si ritrova suo malgrado reclutato dalla CIA e addestrato a tempo di record per sostituire l’agente morto.

Toccherà al veterano Gaylord Oakes (Anthony Hopkins), agente CIA e vecchio amico di Pope la patata bollente, pochi giorni per addestrare il nuovo arrivato, sostituirlo nella trattativa e lanciarlo nel bel mezzo dell’azione con tutti gli inevitabili e deleteri effetti collaterali del caso.

Il regista Joel Schumacher (In linea con l’assassino, Number 23) è sempre una certezza quando si tratta di giocare con il thriller, stavolta lo sfondo è una action-comedy spionistica che punta su un’accoppiata che nonostante sulla carta possa sembrare azzardata, tutti conosciamo la verve e lo stille eccessivo di Chris Rock, si rivela invece azzeccata anche se con le dovute riserve.

La pellicola in se risulta sin troppo convenzionale e a tratti un pò forzata, ma schumacher è del mestiere e conosce bene gli escamotage per portare lo spettatore sino ai titoli di coda senza spazientirlo più di tanto.

Così con l’aiuto dell’esperienza di Hopkins che bilancia e gestisce il vulcanico Rock, qui in una versione oltremodo contenuta, e alcune adrenaliniche sequenze action che riempiono i tempi morti, il film scorre fluido e senza troppi intoppi.

Bad Company-Protocollo Praga alla fine dei conti funziona e si rivela un efficace action con alcuni inserti comedy che non ne snaturano l’anima del thriller spionistico, non contando che Hopkins, nella maggioranzaza dei casi, vale da solo il prezzo del biglietto.



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